Avances ossessive: quali sono le conseguenze?
Quante volte ci troviamo a fronteggiare le avances ossessive di qualche pretendente un po’ invadente per cui diventa difficile trovare un confine tra il corteggiamento e la mancanza di rispetto della privacy altrui.
Così a volte ci troviamo costretti ad assumere delle iniziative di autotutela per difenderci dalle avances ossessive, per esempio bloccando la numerazione da cui partono telefonate e messaggi o il profilo social da cui vengono inoltrate le chat e, nei casi più gravi, ricorrendo a mezzi più drastici come la disattivazione dell’utenza telefonica mobile o fissa o la sospensione dell’account di email o di Facebook.
In questi casi, si configura il reato di stalking, ma spesso il comportamento ossessivo integra il diverso reato di molestie.
A chiarirlo una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 15835/20 del 26.05.2020) che cerca di rispondere al questito: in caso di avances ossessive cosa si rischia?
Caratteristica del reato di molestie è che lo stesso si svolga in un luogo pubblico o con l’uso del telefono.
Facciamo alcuni esempi.
Chi pedina qualcuno, cercando insistentemente più volte di parlargli, commette il reato di molestie, anche se ciò si verifica una sola volta, al pari di chi si apposta presso la porta di casa della vittima e la rincorre allo scopo di parlarle e di manifestarle il proprio amore.
Allo stesso modo chi, nello stesso giorno, fa più telefonate alla persona di cui si è invaghito una persona o la tempesta di sms nonostante la mancata risposta o l’invito a desistere da tali comportamenti.
Tutti questi comportamenti che si concretizzano in avances ossessive integrano il reato di molestie, anche se chi lo commette è delle stesso sesso della persona molestata.
Il reato in questione è disciplinato dall’art. 660 c.p. e prevede l’arresto fino a sei mesi o l’ammenda fino a 516 euro.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, nello specifico, sussiste il reato di molestie o disturbo alle persone in occasione di una condotta caratterizzata da telefonate e messaggi, tramite Facebook e WhatsApp, inviati a un altro uomo per convincerlo ad avere una relazione o almeno qualche incontro o, infine, una conversazione dal chiaro contenuto sessuale.
L’identità di sesso non esclude il reato.
Le prove potranno essere costituite, oltre che dalle stesse dichiarazioni della parte offesa, dagli screenshot dei messaggi e delle chat.
- un perdurante e grave stato di ansia o di paura;
- oppure un fondato timore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona legata alla vittima da una relazione affettiva;
- oppure l’alterazione delle abitudini di vita della persona offesa (come, ad esempio, la disattivazione di un numero di telefono o la modifica del percorso per tornare a casa).
In questo caso, lo stalking non necessita di una condotta posta in pubblico o con il telefono, potendo concretizzarsi in qualsiasi tipo di azione che abbia uno degli effetti appena elencati.